Angeli di Auschwitz
di Francesco Petti e Michela Coppola
con Alessia Sorvillo e Roberto Nisivoccia
regia Francesco Petti
"Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale"
[Hannah Arendt]
Oggi, a distanza di circa ottant’anni dalla tragedia dei campi di sterminio nazisti, sappiamo chi erano i carnefici e chi le vittime. Oggi conosciamo i nomi dei capi, dei dirigenti più alti della gerarchia nazista, responsabili primi di quella strage degli innocenti. Hitler, Goebbels, Goering, Himmler sono la parte più nota, visibile e principale di una piramide che, se non si fosse potuta appoggiare su una base, non sarebbe potuta esistere. Migliaia di persone normali, più o meno anonime, sono state quanto meno corree di un progetto criminale vasto e capillare come pochi nella storia. Se guardiamo i vecchi filmati dei discorsi di Hitler, la cosa più impressionante è forse la folla osannante ai suoi piedi, il gregge senza nome del popolo che ascoltava e plaudiva ai suoi deliri. E centinaia sono stati gli oscuri funzionari che hanno messo in pratica le efferate teorie razziste di quei capi.
“Angeli di Auschwitz” guarda quel periodo storico con gli occhi, i pensieri e le parole dei persecutori. Vuole indagare le idee, la dottrina di chi, consapevolmente, ha creduto in quella terribile concezione dell’uomo e del mondo. Entra nella testa e nel cuore di chi, a un livello meno esposto ma ugualmente importante, fece propria quell’ideologia, contribuendo sostanzialmente a metterla in pratica.
Protagonista è quindi Angela, una giovane donna tedesca che crede nel nazismo e ne fa la propria fede. Angela farà carriera all’interno del partito nazista, fino a diventare responsabile del campo femminile di Auschwitz. Lo spettacolo segue la sua evoluzione dalla iniziale folgorazione per Hitler fino alla liberazione del campo da parte dell’esercito sovietico.
A fare da controcanto alle vicende di Angela ci sono il personaggio del Tempo, una sorta di coro sarcastico e dissacrante, figlio della Ricordo e della Memoria, e Miriam, una ragazza che vive i giorni del crollo del muro di Berlino e che, ritrovando il diario di Angela, scoprirà un segreto terribile.
Uno spettacolo che, per una volta, prova a mettersi dalla parte sbagliata, per provare a raccontare la follia e i suoi meccanismi dall’interno, dall’angolo visuale del mostro.
“Angeli di Auschwitz” guarda quel periodo storico con gli occhi, i pensieri e le parole dei persecutori. Vuole indagare le idee, la dottrina di chi, consapevolmente, ha creduto in quella terribile concezione dell’uomo e del mondo. Entra nella testa e nel cuore di chi, a un livello meno esposto ma ugualmente importante, fece propria quell’ideologia, contribuendo sostanzialmente a metterla in pratica.
Protagonista è quindi Angela, una giovane donna tedesca che crede nel nazismo e ne fa la propria fede. Angela farà carriera all’interno del partito nazista, fino a diventare responsabile del campo femminile di Auschwitz. Lo spettacolo segue la sua evoluzione dalla iniziale folgorazione per Hitler fino alla liberazione del campo da parte dell’esercito sovietico.
A fare da controcanto alle vicende di Angela ci sono il personaggio del Tempo, una sorta di coro sarcastico e dissacrante, figlio della Ricordo e della Memoria, e Miriam, una ragazza che vive i giorni del crollo del muro di Berlino e che, ritrovando il diario di Angela, scoprirà un segreto terribile.
Uno spettacolo che, per una volta, prova a mettersi dalla parte sbagliata, per provare a raccontare la follia e i suoi meccanismi dall’interno, dall’angolo visuale del mostro.